Infatti il colore e il fiocco rimandano alla rassa, che del félze costituiva il telo di copertura, ornato da fiocchi di seta, ventiquattro grandi e ventisei piccoli. Il gondoliere di oggi è una figura di costituzione recente. Fino agli anni Settanta del XX secolo si trattava di una categoria molto povera, che svolgeva anche altri modesti lavori, come ad esempio portare i sacchi di carbone. L’avvento del turismo di massa ha dato un impulso forte alla categoria, ‘specializzandola’, e orientandola quindi anche verso una maggior cura nell’abbigliamento, prima raccogliticcio e difforme anche per quanto riguarda i cappelli.
Prima di questa evoluzione della categoria, il riferimento è il gondolier de casada, per il quale il magistrato alle pompe prescriveva un abbigliamento sobrio, non troppo raffinato, con esplicito riferimento, ad esempio, al numero esiguo dei bottoni. Storicamente a Venezia i baretèri e capelèri già dal 1281 erano associati ad altre mariégole o confraternite di artigiani dell’abbigliamento: marzeri, sartòri, varotèri, guantaie… Acquisirono autonomia nel 1677.
Baretèri e capelèri utilizzavano pani de lana e paja de Marostega (panni di lana e paglia di Marostica, usata in tutta l’area veneta, fatta sia di grano tenero che di salice e detta ‘trucilo’).
Solo dopo la Rivoluzione francese ci si avviò alla specializzazione del mestiere, con la divisione tra cappellai per uomo e modiste per donne. Traccia della tradizione del mestiere è nella toponomastica, che a Venezia ha sia il ponte dei baretèri che il sotoportego del capelèr.